È un nuovo inizio. Una nuova alba.

In una domenica mattina di novembre, con le strade deserte e la brina padana, c’è un treno speciale che ci sta aspettando. Il treno che ci porterà a conoscere un uomo con una storia unica alle spalle ed un presente tutto da vivere. 

La destinazione é Roma.

Devo dire che partiamo con una certa tensione ma senza grandissime aspettative; questo perché certi incontri, a volte, non ti permettono per un sacco di motivi di nutrirle. Una cosa però è certa: sta per accadere qualcosa.

Ad attenderci nella Capitale c’è un amico, anch’egli figura di un certo spicco, che per un giorno sarà il nostro Virgilio o meglio la “chiave” per arrivare ad una delle conoscenze più “forti” della nostra vita. E di questo, fratello, sappi che te ne sarò per sempre grato.

Dopo pochi chilometri, immersi nel traffico romano, arriviamo. Il nome della tenuta in cui siamo accolti è già tutto un programma: “La Mistica”. L’ennesima sfida dell’Uomo, del Carabiniere, del Servitore dello Stato che mise le manette al boss Totò Riina, conosciuto da tutti come il “Capitano Ultimo” che da pochissimi giorni ha ritrovato quella scorta che questo “strano” Stato, da cui ogni tanto non ci sentiamo degnamente rappresentati, gli ha ripetutamente tolto senza validi motivi.

La Tenuta, che è anche sede dell’”Associazione “Volontari Capitano Ultimo Onlus” è stata costruita anni fa per volontà di Ultimo ed anche grazie all’aiuto di alcuni amici (più o meno conosciuti) del “Capitano” per il recupero e il reinserimento soprattutto di minori disagiati o figli di famiglie segnate dal crimine. Ma non solo. 

Al nostro arrivo la prima cosa che ci colpisce è la percezione che ci sia un elevato stato di sicurezza ma che non si voglia intimorire chi, come noi, vuole sostare per un pranzo, per una visita alla falconeria o per una passeggiata nel verde, a pochi chilometri dal cemento di Roma capitale.

Ci fermiamo incuriositi alcuni minuti ad osservare i volatili, che qui vengono curati per poi poterli riportare alla vita che gli spetta, che arriva circondato da alcuni fedelissimi: Lui. Il viso rigorosamente coperto. Una “copertura” che non è sufficiente però ad oscurarne la carica ed allo stesso tempo il sorriso.

L’emozione è forte, fortissima! Sappiamo tutti cosa ha rappresentato e cosa rappresenta questo uomo per l’Italia e quello che ha fatto per tutto il popolo italiano (www.alesandroluca.blog/ultimo – Prima parte).

Devo essere però francamente onesto con tutti voi. Un po’ temevo di trovarmi di fronte una figura troppo connotata dal carattere militare e di combattente. Questo timore viene però inizialmente scalfito dalla Celebrazione a cui partecipiamo tutti insieme, all’aperto, nella tenuta. Quando prende la parola, dopo l’omelìa del sacerdote, rivolgendosi a coloro che sono accorsi, probabilmente più per la sua presenza, che per la messa (mi perdoni il sacerdote per la presunzione..), donando alcune parole in favore dei più deboli e bisognosi. La Messa, poi, termina nell’unico modo in cui poteva terminare una celebrazione di questo tipo in un luogo così magico: un volo di un’aquila lanciata verso il cielo, non prima di aver salutato l’unico Dio che unisce tutti quanti gli esseri umani (siano essi cristiani, musulmani, ebrei..).

Ok, il Capitano ha un lato molto umano. La cosa un po’ mi solleva.

E dopo quel primo contatto abbiamo l’onore e la fortuna di conoscere meglio invece Sergio, che è poi il “Capitano” all’anagrafe, in forma un po’ più privata. E lì si va oltre. Si va oltre a tutto. Si va oltre anche alla sua incredibile storia. Si va oltre alle sue battaglie. Lì, tra un piatto “povero” di riso ed un bicchiere di rosso, emerge in modo dirompente il suo amore per gli altri, amore che ci travolge in modo inaspettato.

Sergio ha una parola per tutti. Un pensiero speciale per i più deboli. Ci cede parte del suo cibo perché dice che è abituato a mangiare poco. E nel frattempo parla. Racconta. Argomenta. Condivide intuizioni. Spiazza. Commuove e si commuove quando ribadisce con energia che non è più possibile delegare solo agli altri l’impegno per la povera gente, per impedire che nel XXI secolo ci siano ancora persone che non hanno da mangiare, che non hanno da dormire, che sono sole e abbandonate: “è un crimine contro l’umanità!”

No, ma allora svegliatemi.

Le sue parole accompagnano i gesti talvolta indirizzati a chi lo protegge (spesso volontariamente), a chi lo aiuta, a chi è lì per essere aiutato, a chi grazie alla sua comunità è stato salvato, a chi è tornato alla tenuta come volontario. Ce n’è per tutti. Tutti hanno la loro dose d’amore e generosità.

E la parola d’ordine è sempre la stessa, la medesima probabilmente che utilizzava quando tanti anni fa si trovava coi suoi uomini a gestire l’operazione “Duomo Connection” o nel pedinare e poi arrestare i boss della Mafia: “se si perde o si sbaglia non succede nulla e si ricomincia, se si vince non si festeggia perché si deve restare umili”. E lui più degli altri.

Ora ai più, scommetto, verrà da pensare che io stia un po’ esagerando nel racconto. E invece fidatevi di me e di chi era lì con me, amici miei, perché sto cercando di limitare quell’adrenalina e quell’emozione che una domenica di novembre un Uomo di quasi sessant’anni è riuscito a trasmettermi/ci.

Sul finale del pomeriggio, ai saluti finali e nel porgergli un piccolo omaggio che avevo deciso di portare da casa, ricevo come ringraziamento uno degli abbracci più “caldi” della mia vita. Lo dovrei fare io (mi dico)! Lo vorrei stringere io con tutta la forza che ho per fargli capire quanto sia…. lasciamo stare.. tutto inutile. È lui a ringraziare noi per essere stati suoi ospiti.

Non finisce certo qui, voglio che tu lo sappia. 

È un nuovo inizio, una nuova alba, anche se è arrivato il buio della notte mentre stiamo facendo ritorno .

Ed il bagaglio che ci trasciniamo lungo questi binari contiene la promessa che ti ho fatto, Sergio! Ma questa è una storia ancora da scrivere….

Vola Alto, Capitano.