Mi sono svegliato così:

ossessivo,

ossessivo e compulsivo.

Devo aver dormito male, non lo so. Do subito colpa a qualcosa che ho mangiato ieri sera.

Non lo so, ma mi sono svegliato così e lo ripeto:

ossessivo,

ossessivo e compulsivo.

Diamine.

I numeri. I numeri.

Ho cominciato a pensare ai numeri.

A tutti i numeri.

Erano così divertenti quando eravamo piccoli. Mettevano di buon umore e ci si poteva giocare.

Giocare per ore.

Te lo ricordi “rubabandiera”?

Numero.. numero.. numero.. Due! Tre! Cinque! Uno! E via!

“Rubabandiera”, già.

Quindi torno a pensare ai numeri. A tutti i numeri!

Lo faccio mentre scendo le scale di casa. Mentre attraverso il parcheggio.

Uno. Tre. Sette. Nove. … …

Erano così divertenti i numeri. Poi cresci e lo diventi. Sì, cresci e qualcuno ti fa diventare un numero.

E non è più la bandiera che ti han fottuto.

Siamo numeri. Siamo statistiche.

Siamo il numero di uomini o di donne. Siamo il numero di coloro che si sono permessi una vacanza quest’estate. O il numero di chi non ce la fa ad arrivare alla fine mese.

Siamo numeri.

Siamo il numero di votanti. O siamo il numero di chi a votare non ci andrà più.

Siamo il numero di persone che lavorano. O siamo il numero di persone che sono disoccupate. E ci fottono due volte, dividendoci anche tra il numero di coloro che sono disoccupati al nord, al centro e al sud. Ah, beh, se è per quello siamo anche il numero di coloro che accedono al reddito di cittadinanza, ma anche il numero di quelli (e se oltre al numero ci aggiungi “quelli” diventa pure dispregiativo) che non avevano diritto al reddito di cittadinanza. Ma la dignità di cittadinanza? La libertà di cittadinanza? Lascia perdere.

Siamo numeri.

Siamo numeri di coloro che vivono ancora coi propri genitori o il numero di coloro che i genitori non li hanno mai avuti. Siamo il numero di laureati o il numero di chi accede a scuola, con disabilità, senza avere un insegnante di sostegno.

Siamo il numero di chi è sceso dalla Love Boat o il numero di chi dal barcone non l’han fatto scendere.

Siamo il numero di coloro che pagano le tasse o il numero di coloro che le tasse le evadono.

Siamo numeri.

Siamo numeri.

Ed io mi sono svegliato così:

ossessivo,

ossessivo e compulsivo.

E non posso dare colpa a ciò che ho mangiato ieri sera, perché ho mangiato come un signore.

“Luttazzi dove è finito che lo sto cercando? Dove sei finito Luttazzi”? Ma questa è tutta un’altra storia, ora non ho tempo, ho già fatto partire la vettura verso il lavoro. Sono già nel traffico.

Una mattina in cui avrei voluto fare tutt’altro, mi ritrovo ancora nel traffico. E torno ossessivo. Ossessivo e compulsivo. Ed ai numeri si aggiungono i codici. Li voglio tutti. Li voglio ricordare tutti quanti mentre attendo che il verde del semaforo mi dia il via.

I codici.

Perché siamo anche codici. Siamo circondati da codici.

Oggi la tua fottuta password che ti sei inventato anni fa (cos’era? “troppogiusto72” o “fragolinacuoricino82” o qualcosa del genere) ha più valore di tutte le tue parole, delle tue bellissime espressioni, delle tue vicissitudini. Perché quelle se le dimenticano o ci sono anche passati sopra.. ma la tua “login”.. eh no.. quella no.

Quella te la devi tenere sempre appresso.

Perché devi accedere al tuo smartphone. Devi passare a ritirare i soldi dal bancomat. Devi scaricarti la tua posta elettronica. Devi postare la tua bella fotografia sul social. Devi entrare in azienda. Devi chiudere il motorino col lucchetto. Devi ordinare su Amazon. Devi accedere al tuo pc. Devi ascoltare la tua musica preferita sulla tua app. Devi inserire l’allarme di casa. Devi disinserire l’allarme di casa.

Siamo codici.

Ti prego fermami. Ti prego fermami.

Ti ripeto: fermami!

Questa mattina sono così:

ossessivo,

ossessivo e compulsivo.

Ed una volta parcheggiata la vettura inizio a controllare se nelle tasche ho portato con me tutto il necessario anche se per far che cosa ancora non lo so ancora.

Scendo.

Due passi.

Sei passi.

Dodici passi, in avanti.

E ti vedo.

Arriviamo da due punti differenti. Estremi.

Sei bellissima.

Intorno a noi il traffico. Le radio. I clacson.

Intorno a noi decine e decine di numeri. Decine e decine di codici.

I nostri passi si fanno sincroni, nella stessa direzione.

E mentre i metri che ci distanziano si fanno sempre meno, in quel preciso istante in cui con gli occhi riusciamo a entrare negli occhi dell’altro:

tutto tace.

Esiste solo una cosa che non riusciranno mai a misurare, facci caso.

La potenza del nostro sorriso.