Come nasce una canzone? Già con le parole!

A dieci-dodici anni credo di aver scritto la mia prima canzone. 

Dico “credo” perché mi venne talmente bene che i miei spettatori ed ascoltatori sospettarono fin da subito che l’avessi scopiazzata da qualche canzone sanremese del periodo.

Insomma, un’accusa di plagio in piena regola.

Poco importa, superai il tutto e fu un gran successo, se non altro perché i miei detrattori erano anche miei genitori.

Ricordo come fosse oggi che li chiamai solennemente nella mia cameretta; li feci accomodare e, chitarra in mano, diedi vita al mio primo concerto.

Mia madre ovviamente si commosse.

Mio padre, al termine della canzone, andò diretto a fumare riposizionandosi davanti alla tv. Probabilmente ebbe in quel momento il presagio che non sarei stato uno “facilmente addomesticabile”. 

Il tempo gli diede ragione. 

Ma quella fu una canzone “innocente” (e probabilmente pure copiata), quindi, diciamo che non fa testo.

Le canzoni, quelle “vere”, arrivarono poi, con l’adolescenza che lentamente lasciava il passo a sé stessa, perché in fondo adolescente lo sono stato sempre. Che ti piaccia o no.

E le canzoni ed i testi, col tempo, iniziarono a moltiplicarsi. Una dopo l’altra tanto da contarne fino a un centinaio entro i vent’anni.

Novantanove, ma solo perché la centesima non la ricordo più, parlavano suppergiù d’amore.

E che barba e che noia, dici?

Ma scusa, l’amore che cos’è se non un sentimento? E parlare di sentimenti è così noioso?

Vale la pena ricordare, allora, che i sentimenti non sono solo quelli che provi per una ragazza che hai amato o per quella che non ti “fila”, ma sono in quell’amicizia che ti accompagna da tutta la vita o in quell’amicizia bruciata per una banalità.

Sono nei sogni, raggiunti o no.

“Le canzoni nascono così. 

Già con le parole.”

Lo so, non ho la proprietà di questa frase, ma la sento molto mia se non altro perché mi sono sempre stati sufficienti un foglio bianco, da sporcare di inchiostro, e una chitarra per trovare la melodia più appropriata.

Le canzoni, già. Canzoni che non hanno portato sempre fortuna. 

O, meglio, dalle mie “sfortune” sono nate tante canzoni.

Per gli amori perduti. Tante.

Non che abbia avuto decine e decine di amori degni di tale nome (direi suppergiù quattro e nessuna si offenda.. delle quattro interessate intendo..) ma per ciascun amore importante sono nati testi che son cresciuti come i fiori a primavera. 

Amen.

Canzoni che, come i migliori dei libri, hanno portato pure una bella sfiga visto il triste epilogo. 

Canzoni che ho scritto e dedicato

Perché non ho mai avuto il timore di farle ascoltare e leggere. Anzi, l’ho trovata una forma d’amore e di apertura totale. 

Orgoglioso di esse come quando mi trovavo da bambino di fronte a mamma e papà. 

Un po’ come stare in analisi, su un lettino, dicendo tutto quello che hai dentro. Peccato che di fronte a me non c’era l’analista ma direttamente la persona che mi provocava tale sofferenza.

Pazienza.

Le canzoni nascono anche in cinque minuti, mi credi?

Una strofa, una seconda strofa, un ritornello, un bel finale. 

Più o meno è sempre stato così. Più o meno.

In un solo caso, in tutta la mia vita, una canzone mi è uscita senza ritornello.

Ed è anche una canzone che ha portato una leggera sfiga, mi sento di dire.

Ma l’amore che provavo verso questa persona era vero. 

Puro.

Non lo rinnegherò, mai.

Ma il ritornello ho deciso che ce lo metto. Oggi.

Non è una rivincita personale (tanto che ho da guadagnarci).

E non è nemmeno il più classico dei puntini sulle “i”.

Forse è la chiusura di un cerchio, ecco.

Tornerò presto in studio di registrazione sperando di potervela far sentire nei prossimi mesi.

Non rimetterà a posto alcune cose, non mi ridarà quel che ho rincorso per parecchio tempo. Sarà una canzone, di quelle nate già con le parole.

Forse, questa volta, la dedicherò a me.

Credo.