Ehi, ti ricordi di cosa parlammo, io e te, solo pochi giorni fa? Di giudizi e di chi ti appiccica addosso un’etichetta senza nemmeno conoscerti. 

“Beh.. cosa c’entrano con il post della scorsa settimana lo stadio e il calcio? Mi chiederai ora.. Aspetta, rilassati per un istante. Fai un bel respiro insieme a me. Fatto?

A parte il fatto che io non sto parlando di calcio (e non ne voglio nemmeno parlare, per l’amor di dio). Vorrei dirti cosa rappresenta per me “il tifo” e descriverti quel “catino” che lo contiene.

Su quei gradoni in tanti di noi ci hanno appoggiato il culo chissà quante volte. O, per dirla meglio, tanti di noi sono stati lì in piedi per intere partite, con la pioggia o con il sole, per incitare la nostra squadra.

Ciascuno a suo modo: chi con la famiglia, chi con i compagni del club, chi con un gruppo organizzato, chi solo. E ciascuno, quel sabato o quella domenica (sempre che le tv ce lo permettano), lo vive intensamente. Altri vivono tutta l’intera settimana per l’organizzazione della partita e tutti ci portiamo dentro la passione, la delusione per una sconfitta, la gioia per una vittoria. Per giorni interi.

Conosco sufficientemente bene questo mondo per poter raccontarti la mia versione (ti piaccia o no). Tempo addietro ebbi modo anche di partecipare a incontri a livello nazionale con i “suppoters trust” (associazioni che si rifanno all’azionariato popolare modello ispanico/inglese), piuttosto che a incontri di gruppi organizzati (come quelli avvenuti a Roma con esponenti politici).

So già cosa stai pensando.. Ma fidati.. Non sono così sprovveduto da non sapere che il mondo del tifo è a volte “borderline”. Che succede di sconfinare nell’illecito e nella violenza, piuttosto che nel razzismo o altre forme di intolleranza. Ma a voi non è mai capitato di trovare tutto questo anche in una discoteca, ad un concerto, in una manifestazione di piazza o nello stesso parlamento italiano? Non vi è mai capitato di trovare illeciti molto più gravi nelle banche? Nelle chiese e negli oratori? Nelle aziende? Nei giornali? O nelle stesse società di calcio?

Di conseguenza, secondo il ragionamento di qualcuno, dovremmo appiccicare l’etichetta di “violenti e delinquenti” a tutti coloro che vanno a ballare, a chi manifesta, ai parlamentari (qualche secondo di silenzio te lo consento), ai banchieri, ai preti, ai giornalisti o agli imprenditori..

Ascolta un ignorante come me. Prima di appiccicare questa etichetta anche sui tifosi sforzati di conoscerne prima il mondo che li circonda. Cerca di vivere quel “catino”, chiamato stadio, intensamente. Cerca di conoscere da vicino quei “famigerati” tifosi. Tra di essi troverai qualcuno che non ti va a genio e qualcuno dotato di intelligenza, umanità, sensibilità e coerenza. Provaci! In quel “catino”, differentemente da quanto ti vogliono far pensare, sai cosa c’è?

C’è che in quel “catino” siamo tutti uguali. Ed è forse una delle ultime “situazioni” rimaste nella nostra società (e per questo, forse, soggetto a repressione).

In quel catino se siamo ricchi, poveri, innamorati, sposati, divorziati, soli o male accompagnati. 

Se siamo di destra. Di sinistra. Di su o di giù. Se siamo laureati. O abbiamo fatto la terza media a fatica.

Se abitiamo in città. Abitiamo in paese. Abbiamo i capelli lunghi. Abbiamo i capelli rasati… o i capelli non li abbiamo proprio più da un pezzo.

Se indossiamo gli anfibi. I mocassini. Le scarpe da ginna. Ascoltiamo musica rock. Dance. O l’opera.

Se possediamo una bella macchina. O abbiamo una macchina e basta. 

Quando entriamo lì dentro siamo tutti uguali. Siamo una comunità. Una famiglia. Ed i problemi di ciascuno restano fuori.

Lì dentro tifiamo la squadra della nostra città (non so se potrai mai capire)
per una vittoria.. noi piangiamo di gioia..